La nuova Direttiva UE sulla parità retributiva di genere

La differenza salariale dovrà essere giustificata da criteri oggettivi e neutri dal punto di vista del generee secondo il principio di trasparenza. La norma dovrà essere recepita dagli Stati Membri entro giugno 2026.

31 ottobre 2023

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Sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea del 17 maggio 2023 è stata pubblicata la Direttiva (UE) n. 2023/970 del Parlamento Europeo, che rafforza l’attuazione del principio di parità di retribuzione tra uomini e donne per uno stesso lavoro o per un lavoro di pari valore.

Con l’espressione “lavoro di pari valore”, la Direttiva intende un lavoro ritenuto tale “secondo criteri non discriminatori, oggettivi e neutri sotto il profilo del genere”, e questi criteri includono “le competenze, l’impegno, le responsabilità e le condizioni di lavoro”. Tale Direttiva dovrà essere recepita e attuata dagli Stati Membri entro giugno 2026, attraverso opportune disposizioni legislative, regolamentari e amministrative.

L’obiettivo di questo testo non è quello impedire di retribuire in modo diverso lavoratori e lavoratrici che svolgono lo stesso lavoro o di pari valore, ma piuttosto quello di sancire il principio secondo cui tali differenze dovranno essere validate da criteri oggettivi e neutri dal punto di vista del genere, e secondo il principio di trasparenza.

Secondo fonti dello stesso Consiglio dell’Unione Europea, nell'UE le donne sono pagate in media il 13% in meno all'ora rispetto agli uomini: il divario retributivo di genere è leggermente diminuito nel periodo 2011-2020, passando dal 16,2% al 13%. A incidere sul divario retributivo tra uomini e donne sono alcune caratteristiche del mercato del lavoro, quali la segregazione occupazionale (ad esempio le donne occupano ben il 73% delle posizioni nei settori dell'istruzione, della sanità e dell'assistenza sociale, considerati settori meno retribuiti), le interruzioni di carriera legate alla maternità e all’assolvimento dei compiti di cura, il ricorso al lavoro part-time.

La Direttiva quindi, prevede per i datori di lavoro l’obbligo di fornire tutte le informazioni riguardo la loro retribuzione iniziale o la loro fascia retributiva già in sede di selezione e gli stessi, non potranno chiedere alle/ai candidate/i alcuna informazione riguardo le loro attuali o precedenti retribuzioni.

Una volta assunti, invece, lavoratori e lavoratrici potranno chiedere i livelli retributivi medi (ripartiti per sesso, delle categorie di lavoratori che svolgono lo stesso lavoro o un lavoro di pari valore) e i criteri utilizzati per determinare la progressione retributiva e di carriera, che devono essere oggettivi e neutri sotto il profilo del genere.

Per le aziende che occupino tra i 100 e i 250 dipendenti, la Direttiva prevede anche che, a decorrere dal Giugno 2027, vengano elaborati report dettagliati per quanto riguarda il divario retributivo di genere all’interno della propria organizzazione aziendale: se dalla comunicazione dovesse emergere un divario retributivo superiore al 5% non giustificabile sulla base di criteri oggettivi e neutri rispetto al genere, le imprese saranno tenute ad agire svolgendo una valutazione congiunta delle retribuzioni in collaborazione con i rappresentanti dei lavoratori.

Un’altra importante novità riguarda l’inversione dell’onere della prova, ovvero in caso di discriminazione retributiva spetterà al datore di lavoro (e non più ai/alle lavoratori/lavoratrici) dimostrare di non aver violato le norme europee in materia di parità di retribuzione e trasparenza retributiva. La Direttiva afferma infatti che qualsiasi lavoratore o lavoratrice, che sia vittima di discriminazione retributiva basata sul genere, può ottenere un risarcimento o la piena riparazione del danno.

Lo European Institute for Gender Equity (EIGE) ha definito questo provvedimento la “pietra miliare per la parità di genere”: infatti questa Direttiva rappresenta non solo un passaggio significativo al contrasto della disuguaglianza di genere e in particolare della disuguaglianza salariale, ma anche un'opportunità di crescita per i paesi dell’Unione Europea, in ottica di equità e meritocrazia.